In questi due anni il sindacalismo di base ha organizzato tre scioperi generali contro il militarismo, la guerra e l’economia di guerra. All’indomani di ogni sciopero, chi non ha ancora rotto il cordone ombelicale con il sindacalismo di stato ha parlato di iniziative velleitarie ed avventuriste. È stato detto che il movimento non era maturo, che gli scioperi erano piovuti dall’alto ecc.
E invece gli scioperi che sono stati organizzati compattamente da tutto il sindacalismo di base, con il coinvolgimento significativo di lavoratrici e lavoratori, hanno rappresentato un elemento di rottura importante, un esempio per tutta l’Europa di reale mobilitazione sindacale contro la guerra e l’economia di guerra, oltre che un momento qualificante del percorso di unità sindacale che occorre ripristinare e mantenere, per dare alle lotte un carattere sempre più incisivo.
Quando viene lanciata un’iniziativa di lotta, quando viene data un’opportunità al movimento operaio e ai ceti popolari di far sentire la propria voce, di portare la propria forza in piazza, nessuno può sapere se i diretti interessati risponderanno o meno, se l’iniziativa di lotta sarà velleitaria o meno. Se l’iniziativa di lotta non riesce, la responsabilità del mancato successo non sta solo in chi l’ha promossa, e tanto meno in chi ha partecipato; la responsabilità sta tutta dalla parte degli attendisti, di chi ha sabotato l’iniziativa, di chi aspetta che l’indizione dello sciopero arrivi dai servi dei partiti. E’ innegabile come i sindacati di stato mettono i bastoni fra le ruote in occasione degli scioperi lanciati dal sindacalismo di base e conflittuale usando l’accordo sulla rappresentanza contro le organizzazioni sindacali di classe, proponendo generiche manifestazioni, lanciando un non meglio identificato stato di agitazione che non si traduce mai in sciopero.
Anche a chi scrive queste note farebbe piacere che ci fosse il tempo adeguato di preparare ogni iniziativa di lotta, ogni mobilitazione, ma, come dimostrano gli avvenimenti di questi due anni, spesso il tempo non c’è. Il tempo ci viene imposto in modo brutale dal nemico di classe, dal governo che agisce spudoratamente per diminuire la quota di reddito a disposizione della classe operaia ed aumentare quella destinata al profitto, ai capitalisti.
In vista del prossimo sciopero generale credo che sarebbe bene ripensare alle iniziative da prendere per migliorare le prospettive di successo.
È ovvio che il successo dello sciopero dipende dal lavoro che le e i militanti sindacali sono in grado di sviluppare nei posti di lavoro, e che questa non si improvvisa pochi giorni prima dello sciopero. In questo senso il movimento anarchico ha un ruolo decisivo nel sollecitare una leva di attivisti sindacali indipendenti (e coscienti della contrapposizione di classe) rispetto ai datori di lavoro, ai padroni, e al governo. La pratica dell’organizzazione libertaria permette di fornire dei modelli e delle procedure alternativi alle organizzazioni verticistiche e burocratiche, creando una pratica di solidarietà, trasparenza e autogestione all’interno di ogni organizzazione sindacale. Al tempo stesso la presenza dell’anarchismo organizzato permette di superare i tabù legalitari che spesso bloccano le lotte.
La solidarietà è un’arma potente e dobbiamo essere capaci di usarla fino in fondo. Ogni sciopero generale è uno sciopero contro il governo, è uno sciopero contro le misure di preparazione della guerra e a sostegno della ripresa economica. Aumento della produzione significa aumento del saccheggio del territorio. Lo sciopero generale può diventare un riferimento di lotta per gli organismi antimilitaristi e pacifisti, per quelli ecologisti e a difesa del territorio, per gli organismi internazionalisti solidali con le persone migranti, così come per quelli in difesa della sanità pubblica e dei servizi sociali. Si tratta di mettere in evidenza i punti di contatto e di coordinare sia l’impegno sui posti di lavoro che quello sul territorio, informando sullo sciopero e sulla piattaforma, sopperendo con l’azione diretta alla disinformazione e all’indifferenza dei mezzi di comunicazione ufficiali.
La diversità di posizioni è una ricchezza per il movimento e il dibattito fra opzioni strategiche e teoriche diverse può solo far crescere chi vi partecipa, però chi ritiene che ogni movimento di lotta sia destinato alla sconfitta e che l’unica cosa che conta è vincere le elezioni, chi vede in ogni movimento di lotta solo un’occasione per aumentare i consensi alla propria lista non fa che dividere il movimento e preparare la sconfitta. Nei movimenti di lotta reali non c’è posto per posizioni di questo genere.
Il percorso per uno sciopero generale è più breve di quanto si pensi, se l’obiettivo è condiviso e se si costruisce a partire dall’unità dal basso, al di là delle sigle e delle dirigenze. Se anziché preoccuparci di difendere la propria scelta sindacale ci diamo da fare per preparare il successo dello sciopero sarà possibile portare la forza operaia in piazza, sarà possibile sconfiggere i piani di guerra del governo.
Avis Everhard